ESSERE GENITORI
DIVENTARE GENITORI PIÙ CAPACI O SOLO PIÙ FURBI DEI FIGLI?
Per un genitore chiedere aiuto, anche specialistico, può essere molto difficile; per quanto sappia che anche gli altri genitori si lamentano e si sentono a volte incapaci nel gestire i figli, si teme comunque il giudizio. A questo timore si aggiungono spesso i consigli non richiesti degli altri e le critiche velate che irritano e non aiutano.
Nella maggior parte dei casi non mancano le capacità emotive ed empatiche, che sono, nelle nuove generazioni di genitori, anche iper-sviluppate; quello che agli occhi dei non esperti appare paradossale è che, all'aumentare della comprensione e della disponiblità che il genitore mostra verso il figlio, corrisponda troppo spesso un aumento dei capricci, dei rifuti e delle risposte oppositive.
NON SAPPIAMO PIÙ COSA FARE
È una delle frasi più pronunciate dai genitori esausti e increduli; le emozioni dietro a queste parole possono essere la rabbia o la paura. O entrambe.
In terapia, prima di tutto, si indaga molto bene quanto è stato fatto fino a quel momento; l'obiettivo non è individuare errori ma al contrario, scoprire le così dette "eccezioni positive" ossia cosa sembrava funzionare ed è magari solo stato abbandonato dai genitori.
Si possono infatti incontrare due trappole:
- viene fatto più di quello che serve
- non viene fatto ciò che potrebbe funzionare
Ecco un esempio dell'una e dell'altra.
Francesco, 14 anni, non ha voglia di studiare; la tentazione è quella di insistere, di spronarlo, magari di studiare con lui, eppure i risultati non arrivano e la motivazione allo studio cala sempre di più. In questo caso, il "fare di più" porta Francesco a fare meno e a ribellarsi. Fare un passo indietro per lasciare che Francesco sperimenti anche il fallimento di un debito o di una bocciatura, per quanto difficile per un genitore, rappresenta quell'"esperienza emozionale correttiva" che può insegnare al ragazzo molto più di mille parole.
Sara, 9 anni, mangia in modo sgregolato, è leggermente sovrappeso per la propria età e ha poche amiche a causa di un carattere molto timido e insicuro. Le scelte della mamma, in questo caso, potrebbero essere molto positive ed efficaci: imporre delle regole sull'orario dei pasti e l'accesso alla dispensa, invitare Sara con dolcezza ma fermezza allo stesso tempo a scegliere uno sport che le piaccia, proporre alla figlia ogni giorno una piccolissima sfida sociale per costruire le sue doti relazionali. Ciò che impedisce di agire tutto questo non è l'incapacità della mamma ma l'emozione di base: la paura di ferire la figlia, di risultare troppo rigida o "cattiva"
GENITORE COME CO-TERAPEUTA
Fino circa ai 12 anni di età dei figli nel modello della Terapia Breve Strategica non si lavora con i bambini ma solo con i genitori. Si evita così di "medicalizzare" il minore e di avere quell'effetto "delega" per cui il terapeuta è colui che sa fare e il genitore no.
Lavorando direttamente con i genitori li si elegge a co-terapeuti per studiare insieme le strategie più adatte per ogni caso specifico; il risultato è che il genitore si sente più efficace, meno impaurito e meno arrabbiato. L'obiettivo finale di ogni terapia è ristabilire una sana gerarchia familiare.